Fabio Genovesi e quella luce “che non si spegne mai”
GROSSETO. “C’è una luce che non si spegne mai” e che stasera, dalle 20.30, illuminerà il bastione Molino a Vento, sulle Mura Medicee, per il festival itinerante “La città dei lettori”. A fare da “lampadiere”, come avrebbe detto un pensatore visionario come Tom Benetollo, sarà Fabio Genovesi, scrittore versiliese, in uno dei pochi incontri con il pubblico che si concederà in questa estate.
Genovesi, qual è la luce di cui parlerà nella lectio di stasera?
Chiamerei l’incontro “sperdersi insieme”. Mi piace molto parlare senza un argomento fisso, fino a potermi perdere insieme a chi ascolta: credo che sia il modo migliore per trovare qualcosa che non sappiamo di volere. Non ho lezioni da dare a nessuno: le persone che mi insegnano qualcosa sono quelle che non avevano da insegnarmi nulla.
La luce è generata dal perdersi insieme?
La luce che non si spegne mai, che è la citazione di una canzone degli Smiths, è la bellezza e la passione che mettiamo nelle cose che ci piacciono. C’è una definizione molto adatta a questo concetto: “bellezza è quando la rivuoi”. Una canzone bella la vuoi riascoltare, un quadro bello lo vuoi rivedere, un momento bello lo vuoi rivivere. Quell’emozione è gratuita ed è quello che mi ha salvato la vita quando ero adolescente e continua a salvarmela oggi. Si tratta della bellezza creata da altri che tu riesci a fruire. Il problema, oggi, è che si cerca di essere tutti protagonisti; invece la bellezza è godere di quello che ci circonda. Quella luce lì non si spegne mai, ma bisogna essere in grado di vederla e riconoscerla.
Avere un ideale a cui tendere senza bisogno di raggiungerlo è il messaggio custodito ne “Il calamaro gigante”, l’ultimo romanzo edito da Einaudi, che contrasta con quello che la società ci propone…
Ho cercato di esaltare il valore dei sogni, ma non per realizzarli: per fortuna, non ho coronato quasi nessuno dei miei sogni. Ma mentre vai dietro a quelli scopri altro, che non cercavi, e che è meglio ancora. È il muoversi che è importante dei sogni, non il sogno in sé, ma la spinta per andare a cercarlo. Nella vita ho perso tantissimo tempo, soprattutto da ragazzo, ma quel grande tempo vuoto, in cui cerchi di andare dietro a qualcosa che non sai cosa è, è quello che ci rende belli, è la luce che non si spegne mai. Auguro sempre a tutti di non ottenere quello che sognano perché c’è qualcosa di più bello e importante che non sanno di volere ed arriva da sé.
Come recuperare il valore del tempo vuoto da riempire?
Proprio con la luce che non si spegne mai. Dedicandosi alle cose che ti fanno stare bene e ti piacciono: stando un’ora davanti a un quadro, ascoltando la musica senza fare altro nel frattempo. Tutte cose così lontane dalla società di oggi che ci sembrano una follia. La filosofia zen ci ricorda di fare una cosa alla volta e credo che la vera rivoluzione oggi sia proprio questa. Perché la luce esiste, ma devi saperla cercare.
Ne ‘Il calamaro gigante’ c’è anche un messaggio di attenzione nei confronti della terra. Quanto può la letteratura cambiare le cose?
Non ho la presunzione che un mio libro possa essere letto da un ‘grande governante della terra’ e cambiare la direzione delle sue scelte. Credo che la letteratura possa cambiare il mondo delle persone che la leggono: qualcosa nella vita privata di qualcuno. Quella è la vera rivoluzione. In inverno camminando sulla mia spiaggia raccolgo, con un sacchetto, la plastica. Non cambio molto, ci sarà altra plastica, ma non sarò una parte del problema. Questa può essere la forza della narrazione.
Genovesi, fa così tante cose che è difficile definirla. A cosa sta lavorando adesso?
Al libro nuovo. Intanto capitano i podcast, i commenti al Giro d’Italia o al Tour de France per la Rai, il teatro, ma è tutta un’emanazione dello scrivere. Anche se ho sempre un po’ di imbarazzo quando mi definiscono ‘scrittore’: mi fa sorridere quanto si senta sempre il bisogno di definirci. Nel mio lavoro mi vengono storie: le racconto, le ascolto, le faccio rimbalzare. E cerco di raccontarle nel miglior modo possibile.
Clelia Pettini
Pubblicata su Il Tirreno, edizione Grosseto, di mercoledì 23 giugno 2022